DYNASTIES OF CHIANTI
Aristocrazia toscana





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I - Baronessa Ricasoli, nata Ruffo di Calabria, con la figlia maggiore nel castello di Broglio, alle spalle preziose stampe medicee.
II - Il Principe Tommaso Corsini nel giardino dell villa di Laiatico con la figlia Nerina Corsini e Giovanna Avogadro di Collobiano.
III - Nerina Corsini.
IV - Il conte Francesco Guicciardini, il tavolo in primo piano è quello su cui lavorò il grande avo Francesco Guicciardini e su cui fu scritta la "Storia d'Italia".
La marchesa Carlotta Antinori, nata dei conti della Gherardesca e suo figlio Piero in un salone del palazzo in piazza Antinori a Firenze.
V - Il principe Giovanni Ginori-Conti.
VI - Il barone Ricasoli.
VII - Cantina Ricasoli.

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Le famiglie dell'aristocrazia toscana impegnate a fine anni sessanta nella produzione del Chianti - gli Antinori, i Corsini, i Frescobaldi, i Guicciardini, i Ricasoli - erano uniti da un legame robusto e commovente alle loro terre; un patrizzio toscano infatti trascorreva più tempo in campagna che a Siena o Firenze; molto spesso era agronomo e, portato ad identificare il proprio rango col possesso della terra, pronto a mantenere con enormi sacrifici le sue tenute.
Tommaso Corsini, First man dell'aristocrazia fiorentina e uno dei maggiori prorpietari terrieri della toscana diceva:" Sarà perchè noi la tera ce l'abbiamo da poco... Da trecento, Tracentocinquant'anni, e non da cinque o sei secoli come ce l'ha , per esempio, la nobiltà siciliana. E quindi non abbiamo ancora avuto tempo per stancarcene." I Corsini, come la gran parte delle più antiche famiglie fiorentine, avevano origini mercantili; vantavano alti prelati, un papa qualche uomo d'arme e molti politici. Subito dopo la fase mercantile e quindi necessariamente urbana della loro storia, mantennero sempre rapporti molto stretti con le loro terre, vi costruirono nei secoli ville e casali, le abitatavano nelle stagioni della caccia e nel periodo dei raccolti. Badavano poi alla conduzione delle terre con l'aiuto dei "mezzadri" e dei "guardia". Distaccati dai problemi strettamente tecnici e contabili com'era giusto che i signori fossero, dopo la prima guerra mondiale che portò alla trasformazione nel panorama economico, e poi con la grande rivoluzione sociale conseguente alla seconda guerra mondiale, i nobili toscani dovettero intraprendere grandi cambiamenti, lasciando il rapporto aristocratico e sentimentale con le proprietà e sostituirlo con una gestione competente tecnichamente ed economichamente. Constretta quindi da questi mutamenti, l'aristocrazia fiorentina era andata affinando la sua esperienza agria. Uomini come Luigi Ricasoli, Filippo Pandolfini, il marchese Torriggiani e il conte pesciolini si dedicarono al rinnovo radicale dei loro patrimoni fondiari muovendosi sul piano delle loro competenze universitarie e avvalendosi di una tradizione di studi che tra Firenze e Perugia era tra le più importanti. A loro infine poi successe una generazione, pure di estrazione universitaria, la cui capacità e semplicità si distinse nel panorama aristocratico italiano.
Vittorio Frescobaldi, Lapo Mazzei, Bettino Ricasoli, Simone S,Clemente suscitarono grande ammirazione conducendo vite semplici, concrete, fattive, di modi riservati, immerse comunque nello splendore di cornice in cui essi si muovevano.
Questa semplicità apparve chiara ad esempio al party che i Ricasoli dettereo per festeggiare Bettino con una Ruffo di Calabria. Nulla di tutto ciò che venne offerto agli ospiti proveniva da fuori Blolio; il buffet era composto di ciò che un grande chef poteva presentare con l'uso esclusivo di prodotti locali; quanto ai drinks nessun prodotto Mumm, o Veuve Cliquot, Gordon o Haig & Haig venne versato nei bichieri del castello, si brindò solo con ciò che le grandi cantine baronali fornivano.




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